Cercherò di essere breve in questa introduzione, forse anche un po’ schematica e scientifica ai termini della resa finale. Bisogna avere le idee chiare su cosa si vuole comunicare. Ma anche quanto sto dicendo ha carattere ipotetico.
Stavolta propongo una visione d’insieme su un fenomeno che ho cercato di registrare in me.
Il limite stesso della scrittura si palesa quando vorremmo che potesse esprimere direttamente la vita che ci attraversa.
Ci sono momenti in cui la scrittura fluisce libera, si fa compagna della dimensione vissuta, perché riesce a coglierne la distanza e professarsi solo come sua ancella. Lo specchio le lega, ma una rimane immagine riflessa e l’altra causa che partecipa alla riflessione. Credo che questo accada nei momenti di salita o discesa (non ne parlo in termini emotivi né per forza qualitativi, ma direzionali: lo faccio per porli in contrapposizione ai momenti di cambio tra i due, i cosiddetti momenti di passaggio).
La farfalla, di cui il volo richiamo nel titolo, non è un elemento a caso. Esaudisce l’immaginario del più completo momento di cambiamento: la metamorfosi.
La serie di poesie e riflessioni a cui ho dato forma sono state il tentativo della scrittura, vista come un braccio, vista come un impulso, una mano verso l’infinito, di cogliere la naturale attuazione di qualcosa che piomba da fuori per modificare tutto quanto risieda nell’interno.
C’è un carattere temporale, di una dimensione che solo poche volte riusciamo a cogliere, al quale non si può sfuggire. Un tempo naturale che regola l’andamento delle cose.
È come dire che al tempo della pioggia, prima o poi, seguirà il tempo dell’evaporazione per la formazione della prossima nuvola.
Così mi è accaduto di ritrovarmi ingabbiata tra le fauci della crosta, in un bozzolo d’attesa che si è schiuso alla fine di una vecchia era, quando le parole del passato hanno dissolto l’eco formata e sono volate slegate nel silenzio dell’atmosfera, per infrangersi, sfaldarsi e ricrearsi di nuova forma in nuovo significato.
Quando il tempo della schiusa è giunto, io, che neanche sapevo di essere un bruco intrappolato, come potevo ritrovarmi farfalla? Io, che per natura ho la fortuna o sfortuna di essere un animale umano, intrappolato tra le fila di un pensiero, in bilico, ancora, su un mondo vasto come questo.
È successo che, ingenuamente, ho mosso il corpo, e mi sono accorta che c’era qualcosa di diverso e ne ho compreso il significato al di là di tutto il resto.
Abbandonandomi, ho librato, semplicemente volato.
Le immagini che ho intravisto da questo nuovo slancio, in questo nuovo corpo, ho cercato di render(le) e dar(le) – di poterne parlare con tutto il fiato del mio cuore.
Allora sono stata il braccio proprio dell’ora in cui ero volo.
Questa impresa – che di fondo è un’impressione – è una cosa che si ricerca, che è folle e non si può mai sapere quanto si possa realizzare. Ma se porta al dispiegarsi di un’azione è comunque una conquista.
Qui riporto le poesie, assieme a un pezzo di prosa riflessiva, di quando annaspavo tra il volo e la cattura.
RISCONTRI NELLA METAMORFOSI
Come si combina la carne alle ossa?
Come le parole al sangue?
E il mio pensare a questo corpo, nel suo agire?
Come un sentimento
può scaturire, una goccia
da far straboccare
il vaso,
la brocca,
questa pretesa sciocca
di voler sciogliere il sale
nell’acqua sporca.
Cos’è che lega le dita
al soffio vitale che le attraversa?
Questo contatto,
questo contrasto
non è ciò che ho sempre pensato,
riflettuto
creduto,
voluto
Io,
il rosso, il blu.
il nero, il bianco
L’alchimia ci insegna
che 2+2 non fa solo 4
che il piombo dentro di sé
nasconde il potenziale dell’oro
Che c’è una base materiale
al di là della vena trascendentale
che trasuda ed alimenta
la testa all’altezza della tempia
Come un battito incessante,
esso stesso,
è carne.
Lo sforzo animesco
è animale
Io sono qui,
Se sono angelo o sono spettro
ho anche un corpo e il suo bisogno
Sono fatta di pulsioni e di visioni
Sono idee platoniche
e azioni caotiche
Ma sono questo.
come essenza
risiedo in un corpo
Siedo e scopro
…il mondo esterno, interno, attorno
Torno alla materia
baciata di gloria sincera
per la sua umana forma
come il sole che accarezza
il fogliame nella radura.
Sono volere, potere, fare
Aspettare
e sotto il sole sudare
come sale minerale.
Adesso vorrei che la scrittura potesse scaturire ingenua dalle dita e prendere questa forza, parola per parola, posarla sui contorni della linea, nel ticchettio dei tasti, depositare gli sbalzi, i furori, per disperderla leggera, trattenendo solo la parte che necessita. È un momento di rivolta interna.
Avete presente quei momenti che son come sogni ad occhi aperti, ancora più incoscienti dei nostri desideri? Ti passano immagini nuove sopra i dorsi di mobili antichi. Si alza la polvere dai lampadari. E il quadro appeso al muro rivela un ritratto, che è un viso, che era entrato nell’abitudinario dello sguardo ma che, adesso, è e si rivela, magica figura librata nell’aria di una parete ruvida e chiara.
Scopri gli occhi, scorgi i tratti. Non li avevi mai accolti. L’epifania del dato sconvolto e del piano squarciato; De Chirico che rivela la sua metafisica… Dal volto puoi solo mirare il dipanare di respiri che sei tu ad ansimare.
Non fu la stanza a cambiare ma io, con tutta la mia pelle.
BANCHETTI DI SENSO
Ci sono parole che possono
rendere la carne?
Sfamare gli appetiti?
Intessere le trame degli istinti?
Ci sono parole
voraci
Parole gustose,
o dolci o salate?
O non c’è spazio nei banchetti
e gli appetiti restano
scoperti
nei dolci profumi
intensi
di parole
che non riusciamo a masticare
Si potesse ingoiare,
si sapesse digerire
tutto quello che dal cuore
chi riesce,
riesce a dire.
VENTO CHE MODELLA LA PIANTA
Entusiasmo
della carne
che vorrebbe
l’evasione
riscaldarsi in un altro cuore
Ardore
Io mi ricompongo con la terra
fondo le gambe con la melma
mi ricopro
e son corteccia
mi ramifico nella terra
perché questa ascesa
a terra
è risalita
La bacchetta magica
che risiede
nello schiocco delle dita
Margherita, Monte Pitoro
Maggio 2019